Stalking: anche i comportamenti ravvicinati sono atti persecutori?
Corte di Cassazione, Sezione quinta penale, sentenza n. 40280/2017.
Lo stalking è un reato davvero fastidioso, soprattutto quando la vittima è sottoposta a reiterate e prolungate minacce e molestie che, senza dubbio, rappresentano un elemento di forte disturbo nella vita della persona oggetto i persecuzione. Ma che accade se un soggetto è sottoposto a condotte moleste che avvengono in un arco temporale molto breve, praticamente una di seguito all’altra? È possibile parlare di atti persecutori? Secondo la Corte di Cassazione la risposta è negativa. Vediamo perché.
È circostanza ormai nota quella per cui la Cassazione ritiene che anche due sole condotte moleste o minacciose possano configurare il reato di stalking. Tuttavia, nel caso che ha riguardato la decisione, l’imputato nell’impossibilità, dopo avervi provato, di abbattere la porta di ingresso dell’abitazione della ex convivente, superava il balcone ed entrava dalla portafinestra, minacciando di distruggere l’intero appartamento.
Il giudice di merito aveva ritenuto che tali condotte moleste e minacciose fossero da considerarsi “reiterate” e rilevanti nel loro complesso ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 612-bis c.p..
Niente stalking se la condotta è unica.
Eppure, la Corte fa un passo avanti, ritenendo errata questa interpretazione, dato che sebbene il delitto di atti persecutori sia configurabile pur in presenza di due sole condotte, poste in essere in un arco di tempo molto ristretto, le stesse devono avere una rilevanza autonoma. Si deve trattare cioè di “atti autonomi, il cui insieme sia stato causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice”.
In sostanza, la reiterazione di tali atti, seppur limitata, deve avere causato, nella persona offesa uno degli eventi considerati dalla norma, ossia “un perdurante e grave stato di ansia o di paura” ovvero “un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva” ovvero, ancora, “costretto la stessa ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Al contrario, invece, nel caso di specie, la condotta dell’imputato appare unica, pur se violenta ed articolata in più gesti, privi di soluzione di continuità. Salvo, quindi, dal reato di stalking, ma ricordiamoci sempre che entrare in casa altrui è comunque reato di violazione di domicilio!ù
Laura Piras