Al via alla Camera l’iter che potrebbe portare all’introduzione del nuovo reato di stalking bancario, in attuazione della proposta di legge di iniziativa della Meloni e di altri esponenti del gruppo parlamentare Fratelli d’Italia.
La proposta di legge, presentata il 13 ottobre 2016 ed ora all’attenzione della Camera, interviene in un’epoca storica di grave crisi economica in cui moltissimi cittadini sono “perseguitati” dalle banche, dalle finanziarie, dagli istituiti di credito nonché dalle società di erogazione dei servizi che, per recuperare le somme dovute dai clienti, anche ricorrendo ad apposite società di recupero, fanno sugli stessi un pressing assillante ed eccessivo, ai limiti della legalità, prima di ricorrere alle procedure esecutive vere e proprie.
Inoltre, questa prassi sembrerebbe avallata dal nuovo “Progetto guida della BCE per le banche sui non-performing loans” in cui si invitano gli istituti di credito a ricorrere a telefonate giornaliere, anche nei giorni festivi e in orari serali, nei confronti di imprese e famiglie debitrici per recuperare le rate scadute di mutui e prestiti, legittimando così le tanto odiose pratiche di stalking bancario che il progetto di legge all’attenzione del Parlamento vorrebbe bandire e trasformare in reato.
Stalking bancario, il possibile nuovo reato
Nella proposta di legge presentata da Giorgia Meloni, viene affermata a chiare lettere l’equiparabilità tra le condotte sanzionate dall’art. 612-bis in materia di atti persecutori (comunemente dette di stalking) e le condotte aggressive ed opprimenti poste in essere dalle banche per i recuperi dei crediti.
Nell’affermare ciò, viene detto che “una richiesta ripetuta insistentemente e in modo irrispettoso può arrivare a configurarsi come un’azione persecutoria violenta a carico di un soggetto che diventa a tutti gli effetti una vittima, e come tale viene posto in una condizione di grave stress psico-fisico, di oppressione e crescente debolezza e impotenza, tanto che può essere indotto a forti cedimenti, fino anche al compimento di gesti autolesionistici e, in casi estremi, addirittura al suicidio”.
L’interesse che il nuovo reato persegue è quello di tutelare l’incoercibilità psichica dei cittadini-debitori rispetto a condotte di recupero aggressive ed eccedenti i limiti di normale tollerabilità, anche al fine di scongiurare drammatici esiti autolesionistici indotti dal pressing.
Le condotte sanzionate, più comunemente compiute, esemplificativamente indicate sono, tra le altre: la violazione dell’obbligo di informazione al debitore del nome del creditore per il quale si sta tentando il recupero; l’utilizzo di numeri non visibili nel contattare il debitore, l’utilizzo di informazioni ingannevoli al fine di intimorire il debitore, come minacciare azioni o iniziative legali sproporzionate, assolutamente vessatorie, come ad esempio dichiarare che al mancato pagamento possa far seguito il fallimento, il pignoramento dello stipendio, o la vendita immediata all’asta dell’abitazione; la pratica di contattare il debitore in orari e con frequenza che supera ogni ragionevolezza e rispetto, oppure sulle utenze personali del debitore anche quando questi dichiari di essere formalmente assistito da un legale; la violazione del divieto di comunicare informazioni sui mancati pagamenti a soggetti diversi dai diretti interessati (quali familiari, colleghi, vicini di casa del debitore) con lo scopo di esercitare pressione; la violazione del divieto di affissione di avvisi di mora (o di sollecitazioni di pagamento) sulla porta del debitore, o di recapito di cartoline postali o plichi recanti all’esterno la scritta “recupero crediti” o locuzioni simili); l’utilizzo di marchi quasi identici a quelli del Tribunale o del Ministero della giustizia; l’utilizzo di terminologie improprie quali «lettera di decreto ingiuntivo» tali da creare ansia e preoccupazione nel debitore; il mancato rispetto del divieto di violazione del domicilio senza il consenso, e pratiche aggressive ed illecite analoghe.
Simili condotte configurerebbero forme di persecuzioni idonee a provocare stati d’ansia e di paura compromettendo, in tal modo, il normale svolgimento della vita quotidiana da parte del debitore ed in quanto tali dovrebbero essere perseguite penalmente da una nuova fattispecie aggravata di reato che estenda la disciplina dello stalking alle pratiche aggressive di recupero credito. Si tratterebbe dunque di inserire all’art. 612-bis un capoverso che preveda la seguente aggravante per cui “La pena è aumentata se quanto previsto al primo comma è commesso da istituti bancari o società finanziarie o filiali di recupero credito o qualsiasi altro soggetto giuridico o nell’attività di recupero crediti quando vengano messe in atto condotte che esulano e travalicano quanto previsto dalla legge e dalle norme del codice di procedura civile”.
Si tratterà ora di seguire l’iter parlamentare per sapere se il c.d. stalking bancario diventerà legge.
Martina Scarabotta