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Studi associati: no al pagamento INAIL per i soci

I soci degli studi professionali associati non hanno l’obbligo di versare all’ INAIL i contributi. Non sussite un obbligo per i soci di assicurarsi contro infortuni e malattia. Questo quanto stabilito dalla Cassazione, sez. lavoro, con la sentenza n. 15971 del 27 giugno 2017.

La Suprema Corte di Cassazione, con  la sentenza n. 15971 del 27 giugno 2017, ha chiarito la questione relativa al pagamento INAIL per i soci di studi associati.

Associati di studi professionali e T.U. 1124/1965: problemi di costituzionalità

L’interpretazione del T.U. delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ha destato non pochi dubbi e perplessità, soprattutto con riferimento al versamento dei contributi da parte dei soci di studi professionali.

Il Tribunale di Brescia ha, in passato, sollevato la questione di legittimità costituzionale del T.U., nella parte in cui non estende agli associati degli studi professionali, legati da un vincolo di dipendenza funzionale, l’assicurazione obbligatoria prevista a beneficio dei soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società, anche di fatto, costituita od esercitata, i quali prestino opera manuale, oppure non manuale.

Il Tribunale chiedeva, nell’ipotesi di prestazione d’opera manuale esposta a rischio, «di estendere l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali ai componenti degli studi associati, quando fra questi intercorra un rapporto di dipendenza funzionale, incompatibile con l’autonomia dei singoli professionisti e connotato dai caratteri della professionalità, della sistematicità, dell’abitualità delle prestazioni svolte e dall’assoggettamento alle direttive dell’ente collettivo».

La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 25 del 12 gennaio 2016,  ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Brescia in funzione di giudice del lavoro.

No all’obbligatorietà del contributo INAIL

Con una motivazione che riprende quella della Corte Costituzionale, la Cassazione ribadisce l’insussistenza dell’obbligo contributivo per i soci di studio professionale.

La Corte, dopo aver sciolto un nodo relativo alla legittimazione ad agire degli associati, afferma che «la tendenza espansiva dell’obbligo assicurativo sul piano soggettivo», fortemente sostenuta dall’ INAIL sulla base di una lettura costituzionalmente orientata della normativa di settore,  deve essere effettuata «nel rispetto e nell’ambito delle norme vigenti, le quali in alcun luogo contemplano l’assoggettamento delle associazioni professionali all’obbligo in questione, così come non lo contemplano per il mero libero professionista».

La mancanza dell’obbligo assicurativo contro gli infortuni e le malattie professionali in capo ai membri di studi professionali associati, ancorchè legati da un vincolo di dipendenza funzionale, scrivono i giudici di legittimità, si rinviene anche dalla lettura dell’ordinanza della Corte Costituzionale n. 25/2016.

La Corte Costituzionale  ha notato sul punto che «l’addizione, sollecitata a questa Corte, si colora di una valenza eminentemente creativa e non è “a rime costituzionalmente obbligate”; rilevando come ” a fronte della multiforme realtà degli studi professionali, contraddistinta dalla coesistenza dei disparati assetti organizzativi, che l’accordo degli associati prefigura (art. 36 del codice civile), e dal vario atteggiarsi dei rapporti di lavoro, secondo i tratti dell’autonomia o di un coordinamento più incisivo delle prestazioni, la discrezionalità del legislatore può modulare l’obbligazione assicurativa secondo schemi molteplici, che individuino in maniera univoca e coerente, in questa variegata gamma di fattispecie, le situazioni meritevoli di tutela; che, pertanto, la soluzione tratteggiata dal giudice rimettente, incentrata sul criterio selettivo della dipendenza funzionale, non è costituzionalmente imposta».

In base alle norme vigenti, nessun obbligo sussiste. Per assecondare la «tendenza espansiva» in atto in ambito previdenziale, è necessario un intervento del legislatore.

Maria Rosaria Pensabene

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