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Allarme suicidi in Carcere, le Camere penali denunciano l’indifferenza delle istituzioni

Dopo i recenti suicidi avvenuti negli istituti penitenziari Dozza di Bologna e Regina Coeli di Roma, l’Unione delle Camere penali italiane interviene denunciando «l’assoluta inerzia del Parlamento, del governo e dell’Amministrazione penitenziaria dinanzi all’attuale situazione di degrado e d’inefficienza che coinvolge l’esecuzione delle pene in carcere e delle misure di sicurezza nelle Rems».

Solo pochi giorni fa, il 21 febbraio, una delegazione della Camera penale di Bologna e dell’Osservatorio Carcere Ucpi, aveva visitato la locale Casa Circondariale, evidenziando «le enormi criticità del reparto infermeria e la carenza di educatori (un educatore ogni 100 detenuti), con conseguente compressione del diritto al trattamento individualizzato». Quanto al suicidio avvenuto nella struttura romana, l’associazione dei penalisti italiani non usa mezzi termini e accusa: «rappresenta il tragico prevedibile epilogo della storia di un giovane di 22 anni, colpevole di reati tipici di chi ha problemi psichiatrici, allontanatosi dalla Rems in cui era ricoverato e, per questa ragione, rinchiuso a Regina Coeli, dove si è ucciso».

Purtroppo non si tratta di episodi isolati. Nel 2017 si contano già dieci casi di suicidi, «un numero enorme che – segnala l’Ucpi- come dato statistico, fa tornare agli anni più bui della detenzione in Italia. Nel 2002, infatti, ve ne furono sessanta, ma successivamente sono diminuiti fino ad arrivare allo scorso anno a trentanove. Dopo che l’Europa, suggestionata da provvedimenti in vigore solo sulla carta, ha archiviato il “caso Italia”, il mondo politico che era stato messo sotto accusa, ha ripreso ad ignorare del tutto le continue violazioni di legge ed oggi le prospettive sono drammatiche». D’altronde, registrano i penalisti, il tema delle carceri ha uno scarsissimo appeal elettorale e il lavoro degli Stati generali dell’esecuzione penale «giace nel cassetto del Comitato scientifico. Parlamentari e ministri sembrano impegnati a preparare le prossime elezioni e, dunque, non pare esservi possibilità che nei prossimi mesi qualcuno si occupi della riforma dell’Ordinamento penitenziario o di quanto drammaticamente continua a verificarsi nelle carceri. Chi è stato privato della libertà non può morire nell’indifferenza dello Stato, a maggior ragione se afflitto da patologie psichiatriche. L’Unione, nel ribadire che nelle carceri e nelle Rems vanno immediatamente potenziate le strutture sanitarie, e va effettuato concretamente il trattamento individualizzato, il solo che, come previsto dal 1975, può scongiurare gesti estremi da parte di persone affidate allo Stato per l’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, continuerà come sempre a vigilare – conclude la nota – pronta ad azioni di protesta in difesa dello Stato di diritto, per la tutela di tutti “primi” e “ultimi”».

 

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