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Tango bond, la nullità di protezione è rilevabile d’ufficio

Tango bond, una ferita ancora aperta

 

L’opinione pubblica ricorda bene il caso dei cosiddetti “tango bond”, i titoli di Stato argentini che furono venduti a numerosi inconsapevoli investitori italiani, a pochi mesi dal default di Buenos Aires, datato dicembre 2001. Per molti, ciò ha significato vedere andare in fumo i risparmi di una vita, a fronte di promesse di lauti guadagni mai mantenute. La vicenda ha dato vita a molti strascichi, economici, politici e giudiziari. Si è costituita un’associazione per la tutela degli investitori in titoli argentini, denominata TFA, molti dei risparmiatori sono stati recentemente rimborsati (http://www.tfargentina.it/download/COMUNICATO%20STAMPA%20TFA.pdf). Tuttavia, nei Tribunali italiani vi sono ancora alcune controversie pendenti.

Tango bond, il caso di fronte alla Cassazione

Una di queste è stata portata di fronte alla Cassazione, la quale con la sentenza n°20446/2016, ha ribadito la rilevabilità d’ufficio delle nullità di protezione. La vicenda riguardava il ricorso di una risparmiatrice contro l’intermediario che le aveva venduto i “tango bond”. La ricorrente, fra l’altro, richiedeva che fosse dichiarata la nullità del contratto di investimento per mancanza dei requisiti di forma richiesti per la stipula dall’art. 23 del D.lgs 58/98 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria).

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La Suprema Corte cassa la sentenza di merito, riaffermando i principi consolidati in materia, espressi recentemente dalle Sezioni Unite, con la pronuncia n° 26242/2014 (http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20141215/snciv@sU0@a2014@n26242@tS.clean.pdf).

Tango bond, ragioni e natura della nullità protezione

La Corte d’Appello aveva sostenuto che la nullità per mancanza di forma scritta comminata dall’art.23 T.U.F. non potesse essere dichiarata, in quanto la ricorrente non l’aveva rilevata tempestivamente. Al contrario, la Suprema Corte precisa che questo tipo di nullità, dette di protezione perché concepite come forma di tutela per la parte debole di un contratto, devono essere fatte valere anche dal giudice d’ufficio. La Cassazione evidenzia, infatti, che si tratta di rimedi contrattuali che preservano interessi più ampi, che vanno oltre l’interesse del singolo, quali l’integrità del mercato (art. 41 Cost.), e il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.).

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L’istituto della nullità di protezione è molto diffuso nel nostro ordinamento, soprattutto in materia di tutela del consumatore. Esse sono predisposte a protezione del soggetto che ha meno conoscenze e strumenti, e proteggono il corretto sviluppo del rapporto contrattuale. Per questo motivo possono essere fatte valere solo dalla parte debole o dal giudice. Il caso più lampante è quello della nullità, ai sensi dell’art. 36 del Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005), delle clausole considerate “vessatorie” per l’utente. Esempi si hanno anche in materia di contratti stipulati con le banche, che richiedono la forma scritta secondo l’art. 117 D.lgs. 385/1993 (T.U.B.).

Anche il caso della sfortunata acquirente dei “tango bond” rientra fra questi. Si auspica, quindi, che la risparmiatrice possa avere ciò che le spetta, e si possa chiudere questa triste pagina della storia economico-politica del nostro paese.

Alessandro Re

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