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Telefonate mute al vicino di casa irrispettoso? È molestia

Ognuno ha avuto un vicino di casa che con rumori molesti ha disturbato la quiete. Rumori di tacchi nel bel mezzo della notte, sedie spostate maldestramente, tv a volume eccessivo o party notturni inaspettati sono alcuni degli esempi che possono infastidire le persone che vivono in un condominio e non solo. Come reagire a questo atteggiamento irrispettoso? Alcuni comunicano civilmente con il vicino molestatore, altri utilizzano metodi differenti se i precedenti avvisi non sono serviti a placare il fastidioso frastuono. Per esempio, in un caso oggetto di analisi della Suprema Corte, un soggetto ha effettuato delle telefonate mute rivolte al il suo vicino come reazione delle continue molestie acustiche di quest’ultimo. Scopriamo insieme la vicenda e la decisione della Corte di Cassazione.

Telefonate mute al vicino, la vicenda

Il tribunale di Parma aveva assolto R.A. dall’accusa del reato di molestie per aver effettuato delle telefonate mute a tutte le ore al suo vicino di casa. Il giudice aveva stabilito che sussisteva l’esimente della provocazione ai sensi dell’art 599 comma 2 del codice penale in quanto è stata una reazione determinata dal fatto ingiusto che aveva subito. Le molestie acustiche che aveva dovuto subire R.A. da parte del suo vicino riguardavano: rumore di tacchi, porte sbattute e tapparelle alzate e abbassate a tutte le ore. Il tribunale di Parma aveva valutato che l’applicabilità dell’esimente posso essere estesa anche all’art.660 del codice penale e non solamente al delitto di ingiuria e diffamazione. Il vicino ricorre per cassazione per gli effetti civili.

Telefonate mute al vicino per provocazione, la sentenza della Corte di Cassazione

Con la sentenza n. 14782 del 2018 la Suprema Corte stabilisce che il ricorso è fondato. Le telefonate mute rivolte al vicino che irrispettosamente fa rumore sono qualificabili come reato di molestia. E l’esimente della provocazione come reazione ad un comportamento ingiusto del vicino non può essere applicata a tale reato.

La Corte sottolinea che “per l’applicabilità dell’esimente, occorre che la reazione sia conseguenza di un fatto che, per la sua intrinseca illegittimità o per la sua contrarietà alle norme del vivere civile (Sez. 5, n. 9907 del 16/12/2011, Rv. 252948), abbia in sé la potenzialità di suscitare un giustificato turbamento nell’animo dell’agente, anche in assenza di proporzione fra la reazione ed il fatto ingiusto altrui. Ritiene però il Collegio che la reazione della vittima di tale condotta abbia la rilevanza esimente voluta dalla norma solo quando integri i reati testualmente indicati dall’art. 599 cod. pen.: ingiuria o diffamazione (artt. 594 e 595 cod. pen.); ora – dopo la novella del 2016 – solo quello di diffamazione. Non è ammissibile l’estensione analogica della scriminante, come è stato ritenuto nella sentenza impugnata, in modo da comprendere pure il reato di molestia o di disturbo alle persone previsto dall’art. 660 cod. pen.”

La Corte di Cassazione, quindi, annulla la sentenza e rinvia al giudice civile competente.

Maria Rita Corda

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