La Corte di Cassazione, a Sezione Unite, si è espressa definitivamente sulla questione relativa all’inammissibilità della cautela preventiva contro i contenuti diffamatori di una testata giornalistica “on line”
Il rapporto tra informazione e universo telematico, si sono spesso posti in contrapposizione: in particolar modo, il diritto di informazione e la tutela di chi la notizia la fa.
L’attrito tra diritto e web spesso deriva dal rischio di diffamare, che è sempre dietro l’angolo. Proprio su questo argomento, si è espressa la Suprema Corte a Sezioni Unite, con la sentenza del 25 ottobre 2016, n. 23469 e sull’impossibilità di sequestro preventivo nei confronti di un giornale “on line”. Vediamo nel dettaglio.
Inammissibilità della cautela preventiva: il caso
La Suprema Corte veniva interpellata dal Procuratore Generale, relativamente all’enunciazione del principio di diritto al quale in giudice di merito avrebbe dovuto attenersi, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., su un’università telematica che deduceva il carattere diffamatorio di un articolo, apparso prima sulla versione cartacea del settimanale “L’Espresso” e sul quotidiano “La Repubblica”, e poi sull’equivalente online.
Le questioni venivano risolte dal Tribunale di Napoli, con una duplice ordinanza: la prima, datata 18.02.2015, di accoglimento del reclamo avverso la declaratoria di inammissibilità del ricorso cautelare, e la seconda, emessa il 08.07.2015, invece, con inammissibilità del provvedimento cautelare in materia.
Viste le due pronunce discordanti emesse dal giudice di prime cure, veniva interpellata la Suprema Corte che esprimeva il proprio orientamento, ai sensi dell’articolo sopra citato.
Inammissibilità della cautela preventiva: la decisione della Suprema Corte
I giudici di piazza Cavour, con la sentenza n. 23469 del 2016, si sono espressi ritenendo che la libertà di stampa non può essere limitata per il fatto che il web l’ha messa alla portata di molti.
Nessuna censura o sequestro preventivo, pertanto, possono essere imposti su richiesta della parte che si sente danneggiata, impedendo alla notizia di circolare, vista la prevalenza dell’interesse generale su quello personale.
Nella sua pronuncia, la Cassazione mette nero su bianco l’equiparazione delle testate giornalistiche online a quelle cartacee tradizionali, estendendo ad esse le garanzie dell’articolo 21 della Costituzione e quelle successive suggellate dalla giurisprudenza. «La tutela costituzionale assicurata del terzo comma dell’art. 21 della Costituzione alla stampa, si applica al giornale o al periodico pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico, quando possieda i medesimi tratti caratterizzanti del giornale o periodico tradizionale su supporto cartaceo e quindi sia caratterizzato da una testata, diffuso o aggiornato con regolarità, organizzato in una struttura con un direttore responsabile, una redazione e un editore registrato presso il Registro degli operatori della comunicazione, finalizzata all’attività professionale di informazione diretta al pubblico, cioè di raccolta, commento e divulgazione di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati.»
La tutela speciale, enunciata dalle Sezioni Unite Civili, è bene precisarlo, non riguarda i blog ma i siti che possiedano i medesimi «tratti caratterizzanti» del «giornale tradizionale» su carta: devono, cioè, essere diffusi con regolarità, organizzati in una struttura con un direttore responsabile e avere un editore iscritto al registro degli operatori della comunicazione.
«Pertanto – sottolinea la Corte, proseguendo – nel caso in cui sia dedotto il contenuto diffamatorio di notizie ivi pubblicate, il giornale pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico non può essere oggetto, in tutto o in parte, di provvedimento cautelare preventivo o inibitorio, di contenuto equivalente al sequestro o che ne impedisca o limiti la diffusione, ferma restando la tutela eventualmente concorrente prevista in tema di protezione dei dati personali».
La Cassazione, peraltro, si era già pronunciata su una questione simile, in sede penale lo scorso anno e, anche in quel caso, aveva negato il sequestro tramite oscuramento o altra forma di controllo preventivo di una testata giornalistica online, essendo inquadrabile nello stessa nozione di “stampa” che, come tale, è un prodotto editoriale sottoposto alla normativa di rango costituzionale e di livello ordinario, che disciplina l’attività di informazione professionale diretta al pubblico.
D’altra parte, secondo la riflessione dei giudici, limitare il mezzo in via cautelare «equivarrebbe a sterilizzarlo o a svuotarne di contenuto le potenzialità»: non si può trattare «in modo deteriore» rispetto al passato la libertà di stampa «solo perché è diventato tecnicamente più facile avvalersene».
Cari lettori, meglio evitare “scheletri nell’armadio” che possano, in qualche modo, sfiorare l’interesse della collettività, perché, se trovati, potrebbero essere legittimamente divulgati.
Maria Teresa La Sala