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Testimonianza dell’imputato assolto: il punto della Corte Costituzionale

Nuovi sviluppi in relazione al rapporto tra prova testimoniale penale e status processuale. Con sentenza n. 21- depositata il 26 Gennaio scorso- la Corte Costituzionale ha infatti accolto la questione di legittimità costituzionale (sollevata dal tribunale di Macerata nel 2015) riguardante in particolare l’art. 197-BIS comma 6 c.p.p., nella parte in cui richiama l’operatività della regola di cui all’art. 192 c.3 c.p.p.- secondo cui “le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità”  -anche per le dichiarazioni rese da persone giudicate in procedimento connesso o per reato collegato nei confronti delle quali sia stata pronunziata sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”.

La questione

Il giudice ricorrente riteneva leso in tal modo l’art.. 3 della Costituzione italiana (principio di uguaglianza), soprattutto alla luce del nuovo assetto al riguardo disegnato dalla Consulta proprio con una precedente pronuncia (sentenza n° 381 del 2006). In quella occasione infatti la Corte aveva già  affermato l’illegittimità costituzionale dell’art. 192-BIS c. 6 c.p.p.- e sempre per violazione del principio di uguaglianza- proprio per la sua operatività rispetto a dichiarazioni rese dalle persone nei cui confronti fosse stata pronunciata sentenza di assoluzione “per non aver commesso il fatto” divenuta irrevocabile.

Con la sentenza n° 21 quindi si rinvia alle argomentazioni della decisione precedente, sulla base della riconosciuta “medesima ampiezza” che accomuna le formule liberatorie  “per non aver commesso il fatto” e “perché il fatto non sussiste” . Non viene solo riconosciuta l’irragionevolezza nella scelta di assoggettare le dichiarazioni della persona assolta alla regola di valutazione ex art. 192, comma 3, c.p.p., in maniera tale da rendere «perenne una compromissione del valore probatorio delle relative dichiarazioni testimoniali», , ma altresì la lesione dell’art. 3 Costituz., visto che  “…la presunzione di minore attendibilità, scaturente dalla regola di valutazione probatoria in questione, risulta irragionevolmente discordante rispetto alle regulae iuris che presiedono, invece, alla valutazione giudiziale delle dichiarazioni rese dal teste ordinario; e ciò nonostante le tipologie di dichiaranti in comparazione risultino omogenee” stante la comune condizione di assoluta indifferenza rispetto alla vicenda oggetto di giudizio.

Antonio Cimminiello

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