Cassazione Sez. VI, sent. n. 13432/2017: E’ configurabile il reato di turbativa di cui all’art. 353 bis c.p. anche nel caso di deliberazione a contrarre qualora la stessa, per effetto della illecita turbativa, non preveda l’espletamento di alcuna gara, bensì l’affidamento diretto ad un determinato soggetto economico
Si sa, le gare indette dalla Pubblica Amministrazione sono sempre state terreno fertile per la commissione di numerosi reati tanto da parte dei singoli privati quanto della criminalità organizzata. Oggi, purtroppo, questo terreno resta ancora molto battuto da coloro i quali tentano di rimpinguare le proprie casse con metodi illeciti e per i quali il legislatore ha predisposto opportune forme di tutela dei beni giuridici interessati.
Le norme interessate in quest’ambito sono quasi sempre le stesse: abuso d’ufficio, corruzione, associazione a delinquere, e infine le due norme che verranno in quest’articolo esaminate alla luce della sentenza n. 13432/2017 della Suprema Corte: turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente previste rispettivamente agli artt. 353 e 353 bis c.p.
Di seguito, in breve, i fatti della vicenda.
IL FATTO
Un funzionario di un Comune del Sud Italia preposto al settore vigilanza – in veste di presidente della commissione giudicatrice della procedura ad evidenza pubblica per l’aggiudicazione dell’appalto relativo al servizio di igiene urbana – veniva sottoposto insieme ad altri indagati a misura custodiale in carcere dal G.I.P. del Tribunale sulla scorta di meticolose indagini nell’ambito di gare per l’affidamento e la gestione in appalto dei servizi relativi al c.d. “ciclo integrato dei rifiuti”. Gare, queste, tutte aggiudicate da una società ben individuata e ai cui vertici era stata ricondotta un’associazione per delinquere.
IL GIUDIZIO CAUTELARE
Contro l’ordinanza custodiale del G.I.P. proponeva riesame ex art. 309 c.p.p. il predetto funzionario le cui doglianze furono accolte limitatamente al reato di cui all’art. 353 bis c.p. (Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente).
Appare opportuno premettere come l’addebito mosso nei confronti del funzionario ai sensi dell’art. 353 bis c.p. trovava origine nell’affidamento dell’ulteriore servizio di smaltimento di rifiuti – disposto dal Comune presso cui lavorava il funzionario – nei confronti della società anzidetta. Affidamento disposto, come predetto, in via d’urgenza e mediante trattativa diretta nell’attesa dell’espletamento della procedura di gara.
All’esito del giudizio cautelare il Tribunale della Libertà, aveva sostenuto come l’assegnazione di una commessa pubblica mediante affidamento diretto (come quella avvenuta nel caso in esame) impediva l’esistenza di un’effettiva turbativa sulla formazione del bando (così come richiesto dalla norma) atteso che, in specie, non si era in presenza di una gara. Riformava pertanto l’ordinanza predetta sostituendola con quella del divieto di dimora nella Provincia di riferimento.
Avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà proponeva ricorso per cassazione il P.M. lamentando come i giudici del riesame, avallando una giurisprudenza piuttosto vetusta e riferibile solo all’art. 353 c.p., non avessero tenuto conto del diverso campo di applicazione dell’art. 353 bis c.p., introdotto nel nostro ordinamento – si dice – al fine di reprimere le condotte non sussumibili all’interno dell’art. 353 c.p.
LA QUESTIONE GIURIDICA
La Corte di Cassazione adita in ordine alla fattispecie delineata si è quindi imbattuta nella seguente questione giuridica:
Può il reato di turbativa di cui all’art. 353 bis c.p. ritenersi integrato anche nelle ipotesi di affidamento diretto della commessa?
LA SENTENZA DELLA SUPREMA CORTE
Con sentenza n. 13432/2017 la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dal Pubblico Ministero, ha dato soluzione positiva alla questione suesposta e, procedendo per gradi, ha altresì dettagliatamente scolpito gli ambiti di operatività ora dell’art. 353 c.p. ora dell’art. 353 bis c.p.
Di seguito l’analisi normativa e il principio di diritto enucleato dalla Corte.
L’art. 353 c.p. “Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente”
Punisce Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti.
Il secondo comma aumenta le pene per coloro che sono preposti dalla legge o dalla Autorità o agli incanti o alle licitazioni suddette.
Il bene giuridico tutelato:
- Salvaguardia della libertà di iniziativa economica
- l’interesse della P.A. alla individuazione del contraente più competente alle condizioni economiche migliori
Natura del reato:
Reato di pericolo. Ma su questo punto la Corte tiene a sottolineare come tale qualificazione del reato tiene conto del fatto che “non necessariamente alla lesione del primo (bene giuridico) deve seguire quella effettiva del secondo, come nel caso del mero “turbamento” che non abbia tuttavia prodotto la reale alterazione del risultato”.
Resta fermo, ad ogni modo, l’imprescindibile verificarsi dell’evento, in senso naturalistico, quale sopra descritto, nelle forme alternative individuate dal legislatore.
Oggetto della condotta: In ordine di gravità discendente si risolve
- nell’impedimento della gara, “intendendosi per tale anche la sua sospensione per un apprezzabile periodo di tempo”;
- nell’allontanamento da essa di taluno degli offerenti;
- nel turbamento della gara medesima (turbamento inteso in senso ampio, ricomprendendovi ogni manifestazione in concreto idonea ad alterare l’esito della gara, pur in difetto della realizzazione di un esito siffatto);
- Le procedure tutelate dall’art. 353 c.p. sono solamente le gare nei pubblici incanti e nelle licitazioni private
Ambito applicativo art. 353 c.p.:
Ai fini dell’operatività della tutela apprestata dalla norma in esame “è necessaria l’esistenza di una gara (quale che sia la denominazione formale della procedura avviata) e, dunque, di un bando o di un atto equipollente che abbia fatto luogo alla sua indizione”.
Dall’analisi dell’art. 353 c.p. la Suprema Corte trae i punti differenziali rispetto all’art. 353 bis c.p.
Art. 353 bis c.p., “Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente”
Punisce, fatto salvo che il fatto costituisca più grave reato, “chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione”.
Bene giuridico: identico rispetto all’art. 353 c.p.
Ambito applicativo art. 353 bis c.p.:
Trova compiuta applicazione “quando un bando (o altro atto equivalente) non sia stato adottato, anche ove la relativa procedura sia stata avviata senza essere però approdata al suo esito finale”.
CONSIDERAZIONI FINALI E PRINCIPIO DI DIRITTO
Come ben sottolineato dalla Suprema Corte al termine della disamina normativa degli artt. 353 e 353 bis c.p. i beni giuridici comuni ad entrambe le norme ben possono essere lesi non solo da condotte successive un bando il cui contenuto sia stato determinato nel pieno rispetto della legalità, ma anche da comportamenti precedenti in grado di avere influenza sulla formazione di detto contenuto.
Inoltre, rilevano i giudici di legittimità, mentre l’art. 353 c.p. circoscrive le procedure tutelate nei soli pubblici incanti e licitazioni private, l’art. 353 bis c.p. propone invece un’apertura dal momento che “la lettera della norma si riferisce al “contenuto del bando o altro atto equipollente” dovendosi intendere per tale “ogni atto che […] ha l’effetto di avviare la procedura di scelta del contraente” e che sulla scorta di una interpretazione estensiva ben può rientrare “anche la deliberazione a contrarre qualora la stessa, per effetto della illecita turbativa, non preveda l’espletamento di alcuna gara, bensì l’affidamento diretto ad un determinato soggetto economico”
Alla luce del principio di diritto sopra enunciato la Suprema Corte annullava dunque l’ordinanza rinviando gli atti al Tribunale per l’espletamento di un nuovo esame.
Antonio Colantoni