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Utero in affitto: Corte Edu avalla l’allontanamento dai genitori non biologici

Non costituisce violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo) l’allontanamento  dai genitori non biologici di un bimbo nato da un utero in affitto. Né, secondo la Corte edu, il piccolo subirebbe pregiudizi o conseguenze gravi dalla separazione quando, oltre all’assenza di un legame biologico con i genitori, non si era instaurata con gli aspiranti genitori alcuna relazione di tipo familiare.

In particolare, il caso sottoposto ai giudici di Strasburgo (Paradiso and Campanelli c. Italia, ric. 25358/12) riguarda i coniugi Paradiso e Campanelli che – dopo aver tentato inutilmente di avere bambini e provato invano la strada dell’adozione internazionale, per la quale pure erano stati ritenuti idonei – hanno fatto ricorso a una madre surrogata a Mosca. Il bambino, nato nel febbraio del 2011, è poi stato registrato come figlio della coppia e portato in Italia con falsi documenti. Ma il consolato italiano a Mosca è immediatamente intervenuto avvertendo le autorità italiane dei dati falsi presenti nel dossier relativo alla nascita del piccolo. Si è dunque aperto il procedimento penale che ha portato, nell’ottobre del 2011, all’allontanamento dalla famiglia Paradiso-Campanelli del piccolo, prima affidato ai servizi sociali e successivamente adottato da un’altra famiglia.

Nel febbraio 2012 la Corte d’appello di Campobasso ha respinto il ricorso della coppia che si è quindi rivolta alla Corte europea dei diritti dell’uomo, invocando l’articolo 8 della Convenzione europea per tentare di impedire l’allontanamento definitivo del bambino.
La Grande Chambre, che si è pronunciata oggi, non ha ravvisato alcun contrasto fra la Cedu e le sentenze dei giudici italiani ed ha perciò respinto il ricorso dei coniugi Campanelli .

Considerando l’assenza di legame biologico tra il bimbo e la coppia ricorrente, la breve durata della relazione familiare e la precarietà giuridica dei legami parentali, i giudici hanno concluso che non si può parlare di vita familiare, nonostante l’esistenza di un progetto genitoriale e la qualità dei legami affettivi.

La Corte ha ritenuto che le misure controverse delle autorità italiane avevano perseguito il legittimo obiettivo di «prevenire il disordine e la tutela dei diritti e delle libertà altrui» ed ha ribadito che è competenza esclusiva dello Stato riconoscere un legame di filiazione – che sussiste unicamente in caso di legame biologico o di adozione regolare – con l’obiettivo di proteggere il minore.

(Amer)

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