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Vietti, separazione carriere superata. Rafforzare ruolo del PG per non trasformare il diritto in discrezionalità

Roma, 31 mar. – La separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri è un problema di fatto superato, ma l’attenzione va posta sull’esercizio dell’azione penale: senza regole chiare e uniformi, si rischia di passare “dall’obbligatorietà alla discrezionalità”. Partendo dal suo ultimo libro “Mettiamo giudizio. Il giudice tra potere e servizio” e dal lavoro della Commissione ministeriale per la riforma dell’ordinamento giudiziario da lui presieduta, Michele Vietti, ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, mette in guardia sulla necessità di maggiore “coordinamento e uniformità” nel perseguire i reati.

     “La separazione delle carriere è un problema oggi in gran parte superato dall’incompatibilità, perché se un magistrato cambia funzioni deve cambiare regione, quindi di fatto i casi di passaggio sono rari – spiega all’Adnkronos – Ma la commissione ha posto il problema che l’esercizio dell’azione penale, fermo restando che è obbligatorio e sotto la responsabilità del capo della Procura, non può essere completamente affidato all’estemporaneità dei pubblici ministeri”.

     “Esiste una figura, il procuratore generale della Corte d’appello, che già l’ordinamento vigente prevede abbia il compito di vigilare sul corretto e uniforme esercizio dell’azione penale – ricorda Vietti – Se il legislatore lo prevede, significa che si immagina che possa esserci un esercizio scorretto e non uniforme”.

Proprio il ruolo dei procuratori generali, sottolinea Vietti, “si deve rafforzare, magari raccordandolo anche con il pg della Cassazione, come abbiamo suggerito nella commissione e come spiego nel libro. Si potrebbero prevedere riunioni periodiche con i procuratori generali e magari indicare anche protocolli operativi, non tanto per intervenire nell’esercizio dell’azione penale, che è responsabilità dei procuratori della Repubblica, ma proprio in una logica di uniformità e correttezza”.

      A giudizio dell’ex vicepresidente del Csm “è necessario un minimo di coordinamento per evitare che i procuratori vadano dietro a qualche suggestione locale, di fatto disattendendo il principio dell’obbligatorietà. Se in un posto perseguo una cosa e in un altro ne perseguo un’altra, il rischio è che l’obbligatorietà si trasformi in discrezionalità – denuncia Vietti – L’obbligatorietà si garantisce attraverso l’uniformità: bisogna che dappertutto ci sia uniformità nel perseguire i reati”.

     Dunque, conclude “rafforziamo il ruolo del procuratore generale, nel rispetto dell’autonomia dei procuratori della Repubblica, un ruolo di coordinamento e vigilanza sul corretto e uniforme esercizio dell’azione penale”.

     (Sin/AdnKronos)

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