“Vittorio Emanuele di Savoia,quello che usò con disinvoltura il fucile all’isola di Cavallo, uccidendo un uomo”: è questa la frase contenuta in un articolo del quotidiano La Repubblica che ha dato origine ad una lunga vicenda giudiziaria che si è conclusa con la sentenza n. 38747 del 3 agosto 2017 della quinta sezione penale della Corte di Cassazione che ha sancito la definitiva soccombenza del figlio dell’ultimo re d’Italia.
Diritto di cronaca e diritto all’oblio nella vicenda di Vittorio Emanuele di Savoia
Crosetti Maurizio ed Ezio Mauro, rispettivamente giornalista e direttore responsabile del quotidiano “La Repubblica”, erano stati querelati da Vittorio Emanuele di Savoia in quanto, in un articolo del giornale relativo alla riapertura della reggia di Venaria, a cui Savoia partecipò, Vittorio Emanuele di Savoia era stato indicato come “quello che usò con disinvoltura il fucile all’isola di Cavallo, uccidendo un uomo”.
All’esito del procedimento penale, in primo grado, entrambi gli imputati furono condannati per il reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p.
La Corte d’Appello di Milano, ha rivoluzionato la sentenza del Tribunale, ed ha assolto i due imputati perché il fatto non sussiste in virtù della scriminante ex art. 51 c.p., ritenendo correttamente esercitato il diritto di cronaca. Infatti, scrivendo dell’uccisione di un uomo all’isola di Cavallo, l’articolista si sarebbe limitato a descrivere un fatto storicamente accaduto relativo all’uccisione di Dirk Hamer nel 1978, non smentito dai giudici francesi che si occuparono della vicenda, pur assolvendolo, e corroborata da evidenti e documentati elementi di prova. Per il giudice d’Appello, dunque, il giornalista de La Repubblica avrebbe correttamente esercitato il diritto di cronaca, limitandosi a qualificare il Savoia in virtù di un fatto storicamente accaduto senza alcuna connotazione dispregiativa o valutativa.
Con ricorso per Cassazione, Vittorio Emanuele di Savoia ha lamentato l’erronea applicazione della scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca ex art. 51 c.p. Secondo il figlio dell’ultimo re d’Italia, l’epiteto attribuitogli mostrerebbe toni di disprezzo risolvendosi in un ingiustificato ed eccessivo attacco personale, con l’evocazione di un fatto storicamente lontano nel tempo idoneo a creare disprezzo e violazione della riservatezza dell’interessato. Il tutto in violazione del diritto all’oblio e alla riservatezza.
Cassazione, nessun diritto all’oblio per il figlio dell’ultimo re d’Italia
Ma per i giudici della Suprema Corte, il ricorso deve essere rigettato. Non vi è stato, nell’articolo, nessun attacco alla persona, né l’utilizzo di argomenti intesi a screditare la persona attraverso l’evocazione di una sua presunta indegnità o inadeguatezza personale, ma solo l’accostamento – non disgiunto da un velato rimprovero – di una condotta ad un evento che non è in alcun modo idonea ad integrare il reato di diffamazione a mezzo stampa.
Inoltre, il “diritto all’oblio” sulle proprie vicende personali che fa capo ad ogni persona, invocato dal ricorrente, si deve confrontare col diritto della collettività ad essere informata e aggiornata sui fatti rilevanti, quali sicuramente quelli concernenti Vittorio Emanuele di Savoia, autoqualificatosi come il figlio dell’ultimo re d’Italia e suo erede al trono.
Nessun diritto di oblio dunque può riconoscersi in capo al Savoia in favore del diritto di cronaca dei giornalisti, pienamente legittimati ad accostare il nome dello stesso a fatti documentati e storicamente accaduti.
Martina Scarabotta