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Wind multata dall’Antitrust: dopo il Consiglio di Stato la parola passa alla Corte di Giustizia Europea

Pratiche commerciali aggressive poste in essere dalla Wind

Quante volte vi è capitato di dover segnalare al vostro operatore telefonico la fornitura non richiesta o l’attivazione inconsapevole e il relativo addebito sul credito telefonico della vostra sim di servizi extra, connessi alla navigazione internet o relativi alla segreteria telefonica, immediatamente dopo l’acquisto della sim.

È questo il caso dell’operatore telefonico Wind, multato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per 200.000 euro.

Questa condotta è stata qualificata come pratica commerciale scorretta in quanto viola gli obblighi informativi circa i servizi telefonici preimpostati e conseguentemente esclude la libertà di scelta degli utenti in ordine all’utilizzo e al pagamento di tali servizi.

Detta pre-abilitazione, infatti, comporta la possibilità di un addebito unilaterale da parte dell’operatore delle relative somme sul credito telefonico dell’utente inconsapevole nonché l’onere in capo allo stesso di chiederne espressamente la disattivazione.

Per il Consiglio di Stato è legittima la sanzione dell’Antitrust, ma l’ultima parola spetta alla Corte di Giustizia Europea

La questione si fa più complicata con riferimento all’individuazione dell’autorità competente ad irrogare la sanzione.

Nel nostro sistema, infatti, mentre la pratica commerciale aggressiva è di competenza dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la violazione degli obblighi informativi è sanzionabile dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

Il Consiglio di Stato, chiamato a decidere sulla vicenda, ha dichiarato che la competenza ad irrogare la sanzione è dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in quanto la condotta posta in essere dall’operatore telefonico Wind, muovendo dalla violazione di meri obblighi informativi, comporta comunque la realizzazione di una ben più grave pratica commerciale vietata.

Va detto, tuttavia, che la Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica Italiana per scorretta attuazione ed esecuzione della direttiva 2005/29/UE, in quanto non sussisterebbe un’autorità indipendente competente a far rispettare la direttiva nell’ambito pratiche commerciali sleali nel settore delle comunicazioni elettroniche.

La parola passa dunque alla Corte di Giustizia Europea, cui è stata rimessa la questione della compatibilità tra il diritto nazionale e l’ordinamento comunitario, la quale dovrà definitivamente chiarire se l’autorità Antitrust è competente a anche nell’ambito delle pratiche commerciali sleali nel settore delle comunicazioni elettroniche.

Rosanna Guarnaccia

 

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