Zamparini-De Zerbi, la palla passa agli avvocati?
L’articolo 1453 del codice civile statuisce che “Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto , salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno“.
La risoluzione del contratto è un rimedio concesso al creditore per reagire all’inadempimento del debitore: quando uno dei contraenti non adempie le obbligazioni scaturenti dal contratto, l’altro può chiedere la risoluzione.
Lo sa bene anche il Presidente del Palermo Calcio, Maurizio Zamparini, intenzionato a portare in tribunale l’ormai ex allenatore Roberto De Zerbi. Il vulcanico presidente, infatti, dopo la clamorosa eliminazione ai tiri di rigore in Coppa Italia, ieri contro lo Spezia al Renzo Barbera, sta seriamente pensando di invocare la risoluzione del contratto per gravi inadempienze.
Zamparini, pronto a chiedere la risoluzione
“Chiederò la risoluzione del contratto per gravi inadempienze. Sono molto deluso perché questa, più che un’offesa a me, è un’offesa al pubblico di Palermo e alla sua passione”.
Scendono in campo, quindi, i legali della società rosanero, considerando anche che l’ex tecnico aveva fatto inserire una penale da 500.000 euro in caso di esonero.
“È stato uno spettacolo penoso- ha tuonato il presidente friulano- Penosa la squadra e penoso l’allenatore. Il giorno prima della partita gli avevo mandato un sms dicendogli che non m’interessava nulla della partita con la Fiorentina e che quello con lo Spezia era un passaggio molto delicato dal punto di vista psicologico. Per questo motivo gli ho chiesto di fare giocare tutte le prime linee. E lui cosa ha fatto? Ha schierato una squadra con tante riserve. Sono certo che lo ha fatto per farsi cacciare e, a questo punto, chiederò la risoluzione del contratto per gravi inadempienze”.
Zamparini-De Zerbi, le previsioni dell’accordo collettivo
La risoluzione per grave e constatata inadempienza contrattuale, in base all’Accordo collettivo tra AIAC (Associazione Italiana Allenatori di Calcio), la FIGC e le Leghe Calcio Nazionali Professionisti, non può essere adottata direttamente dalla società, dovendo quest’ultima avanzare ad un apposito Collegio Arbitrale un motivato ricorso per la declaratoria di risoluzione contrattuale con relativo risarcimento danni, entro 10 giorni dalla data in cui sia stata constatata la grave inadempienza contrattuale.
L’allenatore, a propria volta, ha il diritto di far pervenire al Collegio, entro 10 giorni dal ricevimento della copia del ricorso della società, le sue controdeduzioni.
L’eventuale declaratoria di risoluzione del contratto da parte del Collegio determina la cessazione del pagamento di qualsiasi compenso per il periodo successivo alla data della risoluzione stessa.
Appare interessante, peraltro, ricordare come in passato, in materia di licenziamento per giusta causa (non è però questo il caso in questione) la giusta causa venne considerata sussistente per il protrarsi dei risultati negativi di una squadra di calcio, tale da far venire meno la fiducia della dirigenza societaria nel direttore tecnico-sportivo (cfr. Cassazione, 28 dicembre 1996, n. 11540).
Il contratto tipo fra società ed allenatori impone, infatti, a questi ultimi di mantenere una condotta conforme ai principi di lealtà, probità e correttezza di cui al già citato art. 1, comma 1, del CGS e, fra le sanzioni per violazione di tali doveri, contempla la risoluzione del contratto.
Insomma, non sappiamo ancora se il vulcanico patron rosanero andrà fino in fondo a questa storia, di certo, adesso la palla passa agli avvocati della società di Viale del Fante.
Redazione