Con l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico (Pat), quale sorte spetta agli atti giuridici cartacei o privi della forma e dalla sottoscrizione digitale?
Il mancato rispetto della modalità telematica, determina sempre e comunque patologie insanabili?
O si verifica solo una situazione di mera irregolarità che può essere regolarizzata?
Nel PAT è sanabile l’irregolarità degli atti cartacei o senza firma digitale
Il Consiglio di Stato con la pronuncia n. 1541 del 4 aprile 2017 ha ritenuto trattarsi di semplice irregolarità, escludendo le più gravi ipotesi della inesistenza, dell’abnormità o della nullità.
Tuttavia, osservano i giudici amministrativi, “per mantenere intatte le finalità proprie del PAT ed impedirne la pratica elusione – che rischierebbe di tramutarsi in una fuga sistematica dalla forma digitale (con grave pregiudizio per le esigenze di correntezza della gestione informatica del processo amministrativo) – deve tuttavia ritenersi che, se il ricorso e il deposito sono irregolari perché non assistiti, il primo, dalla forma e dalla sottoscrizione digitale, il secondo, dalla modalità telematica, l’irregolarità che si verifica (diversa da quella per così dire “ordinaria”) non possa essere sanata dalla costituzione degli intimati in base allo schema divisato dalla norma sancita dall’art. 44, comma 3, c.p.a., secondo cui, in caso di atto irregolare, la costituzione dell’intimato – indipendentemente dalla tempestività della costituzione medesima rispetto al termine concesso al ricorrente per espletare l’adempimento (non venendo in rilievo una fattispecie di nullità) – comporterebbe sempre e comunque la sanatoria dell’atto irregolare”
Ciò vale per gli atti ad impulso di parte, ma anche per tutte le fattispecie in cui un atto del processo sia redatto in forma cartacea anziché in forma digitale.
Il quadro normativo del processo amministrativo telematico
La procedura informatica non è una fonte del diritto: il c.d. processo cartaceo non solo non è scomparso ma rappresenta un elemento di chiusura dell’ordinamento. Diversamente il Pat potrebbe trasformarsi da strumento di efficienza a ostacolo al sollecito e corretto svolgimento del processo, cui esso, invece, deve intendersi preordinato.
Il Collegio ha condiviso le posizioni improntate a minore formalismo, salvaguardando il principio del conseguimento dello scopo e della strumentalità delle forme.
Il Pat è entrato in vigore il 1° gennaio 2017, ed è disciplinato dal c.p.a. e dal d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40.
L’art. 136, comma 2 bis, c.p.a. rende obbligatoria la firma digitale per tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti. L’obbligo è confermato dall’art. 9 del d.P.C.M. n. 40/2016. Conseguentemente, la “sottoscrizione” prevista dall’art. 40, comma 1, lett. d), c.p.a., deve ormai intendersi necessariamente come “sottoscrizione digitale”.
Iacopo Correa